Come nasce Caterina Ceraudo chef?
In realtà nasco enologa, ho frequentato prima l’università a Pisa dove ho conseguito la laurea in viticultura ed enologia e in seguito ho deciso di diventare chef. A diciott’anni forse non avevo ancora ben chiaro cosa volevo fare della mia vita ma l’amore per l’enologia c’era da sempre. Durante il mio percorso di studi la passione per la gastronomia è maturata e mi sono resa conto che mi approcciavo al vino sempre in corrispondenza del cibo . Tornata dall’università sono stata per circa un anno a casa, tra ristorante e azienda. Lavoravo nei week-end e, grazie a questo, ho maturato la decisione di approfondire la mia passione per la cucina che in realtà c’è sempre stata. Quando ho preso la decisione di frequentare la scuola di Niko Romito a Castel di Sangro, in Abruzzo, mi sono detta: “Io ci provo… Se va bene, bene, altrimenti mi servirà come cultura personale”. I miei gestivano un’attività di ristorazione, da questa ulteriore esperienza avrei potuto imparare quel qualcosa in più. Il percorso di formazione è stato bellissimo. I primi due mesi solo teorici sono serviti per capire la materia prima, i processi produttivi che l’accompagnano, imparando a conoscerla in profondità per poterla poi trasformare al meglio. Ti rendi conto del lavoro che c’è dietro a ogni prodotto e di come con un errore puoi rovinarlo irrimediabilmente. Una grande responsabilità accompagnata dalla coscienza di essere il veicolo ultimo del legame tra materia prima, lavoro umano e cliente. Bisogna quindi porre molta attenzione alla valorizzazione del prodotto attraverso le giuste cotture e abbinamenti per portare in tavola al meglio una materia prima eccellente.
Sappiamo che provieni da una famiglia di produttori artigianali di vino e olio, i tuoi hanno un’azienda agricola e un ristorante, Il Dattilo, da sempre. Quanto ha influito essere cresciuta in una famiglia come la tua nella tua scelta di lavoro? Pensi che avresti comunque fatto del cibo il tuo mestiere?
La famiglia nel mio lavoro è importante, anche se penso che le passioni fanno parte di noi a prescindere da tutto. Il cibo mi è sempre piaciuto. Sicuramente ho avuto la grande fortuna di conoscere un cibo genuino: viviamo in campagna, sono figlia di un contadino, e questo per me è stato fondamentale. Avere rispetto per la natura, la curiosità di osservarne i cicli e i cambiamenti, percepire le sfumature che non tutti riescono a cogliere, riconoscere le infinite biodiversità che la abitano è stato fondamentale. E io cerco di far rivivere queste sfumature attraverso i piatti del mio ristorante. Chi viene a mangiare non gusta solo il mio lavoro ma quello di tutta la mia famiglia, perché ciò che cucino è prodotto in azienda da mio padre e mio fratello. Paradossalmente nonostante mio padre non ci abbia mai imposto nulla, sia io, che mio fratello e mia sorella, che si occupa dell’ambito amministrativo dell’azienda, ci siamo ritrovati a voler continuare ciò che mio padre con il suo esempio ci ha trasmesso.
Qual è il primo piatto che hai imparato a cucinare?
Ho sempre pasticciato tra i fornelli, sia con mia zia che con mia nonna, perché mi piaceva cucinare con loro. Ricordo quando ero piccola e facevo gli gnocchi o quando preparavamo i dolci natalizi con mia zia Mariuccia, specializzata nell’uso delle erbe e nelle zuppe. Per me cucinare è sempre stato una cosa del tutto naturale. Osservavo molto queste donne importanti della mia famiglia, la mia nonna materna, madre di 12 figli e relativi nipoti, che preparava i pranzi infiniti della domenica. Quindi devo a loro tutto quanto e il mio rammarico è quello di avere iniziato questo lavoro troppo tardi, perché dalle loro tradizioni ed esperienze avrei potuto trarre molto di più.
Quindi la tua idea di cucina è più innovazione o tradizione?
La cucina del passato per me è un importante riferimento, ma non cerco né di trasformarla né di rivisitarla, per me l’importante è valorizzare la materia prima, cercando di essere meno invasiva possibile, usando pochi condimenti affinchè la qualità del prodotto si esprima al suo massimo.
La tradizione è importante anche come ispirazione e mi dispiace che le ricette di molti piatti stiano scomparendo insieme alle generazioni che li hanno cucinati. L’innovazione che cerco di apportare sta proprio nel recupero delle ricette tradizionali o degli ingredienti antichi che nessuno conosce più. Al ristorante ad, esempio, ho proposto come contorno un’insalatina di portulaca, una piantina spontanea che ho sempre mangiato perché mia zia la raccoglieva e ne faceva una fantastica insalata. La propongo ai clienti che spesso mi chiedono cosa sia e quando spiego loro che la possono trovare anche nei loro giardini, ne rimangono stupiti.
Quanto è importante la tecnica e quanto l’istinto per uno chef?
La tecnica è fondamentale per conoscere e sapere come valorizzare la materia prima, così come l’istinto che ti aiuta a capire di cosa quel prodotto ha bisogno.
Ovviamente lavorando nella ristorazione moderna ti rendi conto di quanto sia importante la tecnica, perché un piatto che elabori deve essere eseguibile anche da altri: se vuoi che altre persone realizzino il piatto così come lo prepareresti tu bisogna fare in modo di essere il più trasparenti possibile. Quindi la cucina per me dev’essere semplice, pulita, creativa… e perché tutto questo esista non si può fare a meno della tecnica.
Da dove nasce l’idea di un piatto?
Sicuramente dalla materia prima. Solitamente sono affascinata da un prodotto e quindi cerco in qualche maniera di fargli onore, creando qualcosa di buono. A volte però si parte con un’idea che cambia in corso d’opera, perché più conosci la materia più la interpreti attraverso quello che tu pensi sia giusto.
Se tu dovessi dare dei consigli ad un giovane che vuole intraprendere questa strada, cosa gli raccomanderesti?
Il primo è sicuramente quello di essere curioso verso tutto quello che lo circonda, per potere imparare il più possibile; di essere umile e di non sentirsi mai arrivato. Infine credo sia importantissimo essere disponibile e professionale. Spesso si approccia la scuola di cucina come se fosse una scuola di mestiere e basta, in realtà bisogna usare la testa, capire che dietro la cucina c’è tecnica, chimica, botanica…. Ci sono una serie di saperi che si incrociano per cui bisogna sempre essere curiosi e cercare le risposte giuste. È importante confrontarsi con gli altri, aprirsi ad altre esperienze, è questo che ci fa crescere.
Come sta cambiando la figura dello chef nel mondo virtuale… Quanto la comunicazione ha influito e sta influendo su questo cambiamento?
La figura dello chef è cambiata ma credo sia accaduto perché sono cambiati i tempi: adesso c’è un grande interesse per l’alimentazione a causa delle infinite malattie che gravano su di noi e quindi c’è un’attenzione maggiore nel volere conoscere ciò che si mangia.
Oggi si sta facendo in un certo senso un passo indietro: è diventato importante conoscere l’intera filiera produttiva di ciò che arriva sulle nostre tavole. Si è creato un rapporto sinergico tra quello che mangiamo e quello che siamo, per questo penso che la comunicazione sia giusta e faccia bene. Ma questo non deve far pensare che lo chef sia solo quello che vediamo in televisione: dietro a quella popolarità c’è tanto lavoro, tanti sacrifici, tante responsabilità ed è importante fare capire questa cosa.
Un ultimo regalo… Ci lasci una ricetta ?
Certo!
Alici, chartreuse e misticanza
Ingredienti per 4 persone: 32 Alici Grandi - 50 gr di chartreuse - Sale - Insalata di erbe spontanee Fiori Eduli - Mandorle Tostate
Preparazione
Cubo di alici: pulire le alici , adagiarle in una teglia , salare e marinare con lo chartreuse per 30 minuti. Successivamente disporre a piani le alici e abbattere. Una volta abbattute parare le alici dandogli una forma cubica.
Emulsione di alici: frullare con un mixer ad immersione gli scarti ottenuti dalla paratura con dello chartreuse. Far intiepidire la salsa e successivamente setacciare.
Impiattamento:
Posizionare al centro di un piatto piano le alici, stendere accanto con un cucchiaio l’emulsione ed adagiarvi sopra l’insalata di erbe spontanee condita con olio e sale, fiori eduli e mandorle tostate.