Il progetto “Intelligenza Nutrizionale”, realizzato da Romito in collaborazione con GioService e l'Unità di Ricerca in Scienza dell'Alimentazione e Nutrizione Umana dell'Università La Sapienza di Roma, è incentrato sul ruolo dell’alimentazione nel processo di guarigione: partirà il prossimo 12 aprile e potremo capire come, concretamente, si possa realizzare la visione di Romito.
Nell’attesa scambiamo qualche parole con lui per capire cosa c’è dietro (e dentro) uno chef che arriva a concepire un’alta ristorazione alla portata di tutti: “Oggi per me fare cucina significa prima di tutto non seguire le mode – ci dice –: queste trascinano certamente il pubblico, ma un prodotto non onesto e calcolato per compiacere alla lunga allontana le persone. Inoltre credo che fare cucina oggi in Italia significhi fare cultura del cibo attraverso una gastronomia responsabile e sostenibile per il territorio e i produttori e, seguendo questa linea, allargare il più possibile la platea dei clienti. Anche magari spingendosi, appunto, in un campo etico e di responsabilità, come stiamo provando a fare con il progetto Intelligenza Nutrizionale”.
Romito ha consolidato le radici della cucina nella sua terra d’Abruzzo, ha affinato e ampliato la conoscenza dei prodotti che esalta nel piatto; ha studiato e fatto proprie nuove tecniche, ha viaggiato con occhi e mente sempre aperti. Ma soprattutto è restato se stesso: la sua cucina colpisce per identità e nettezza: sapori vividi, tipicamente abruzzesi, moderni. “Per chi è cuoco oggi in Italia esistono due vie distinte: la prima è l’aggiornamento della tradizione, la seconda parte dalla tradizione per arrivare a concetti nuovi. La prima riguarda per esempio l’alleggerimento delle ricette popolari, che magari vanno sgrassate o alleggerite dagli zuccheri. Personalmente ho sempre seguito questa strada, ma adesso mi muovo sulla seconda. La cucina italiana deve osare, rimanere ancorata al passato ma puntare alle tavole di New York o Shanghai”.
Romito è esponente di punta della cucina italiana moderna che oggi tiene alta la bandiera dei nostri prodotti nel mondo. Lassù sui monti abruzzesi a due passi da Sulmona – la patria dei confetti – Niko Romito colpisce con letture della tradizione a tratti spudorate, nel senso migliore del termine. Romito prende il territorio e lo restituisce a modo suo: mai stravolto, mai confuso, sempre integro e ricco di sapore. Come nel caso della Crema di fave con “pallotte, caci’ e ova” o dell’Assoluto di cipolle, Parmigiano Reggiano e zafferano, o ancora della Crema d’aglio e cavolfiore – fatta con l’Aglio rosso di Sulmona, prodotto bandiera d’Abruzzo.
“Occorre avere grandissimo rispetto per la materia prima – conclude Romito –, e qui sta la difficoltà: rispettarla è difficile almeno quanto creare un piatto semplice e memorabile. Non sono un minimalista: sono allergico al superfluo. Della mia cucina si dice spesso che è semplice. È vero, nel senso che manca di complicazione, eppure è molto complessa. La complessità in cucina può essere vantaggiosa, la complicazione mai. Alla base della mia cucina ci sono studio, ricerca e tecnica ma è solo attraverso l’equilibrio che la complessità si traduce in linearità. A ogni servizio, dalla preparazione al momento in cui la portata è pronta, con la mia brigata controllo e correggo le sfumature del piatto. Quando si vuole contare solo su un numero ridottissimo di ingredienti e si punta all’estrema essenzialità, basta essere fuori asse di pochissimo e si nota subito il difetto”.
Di lui ha scritto Paolo Marchi, ideatore e curatore di Identità Golose: “Niko ricorda un giocatore di scacchi: entrambi tendono a un gesto preciso e netto, ma che è frutto di studi e di logica. Il tratto della cucina di Romito è la sua semplicità, solo apparente però. Quando Niko va all’essenza del gusto, lo fa togliendo l’inutile per esaltare il protagonista. Non gioca con le sorprese e se è arrivato alla terza stella Michelin è perché non inganna: hai la netta sensazione che non vi siano altre risposte giuste se non quella data da lui”.