Cosa si devono aspettare i clienti che entreranno per la prima volta da Lume?
Per questo progetto riparto da me, da Lume la cucina avrà una solida base ancorata alla tecnica, all’esperienza e alla mia storia professionale. Una cucina chiaramente leggibile, che possa parlare anche a una clientela straniera abituata ad alti standard di ristorazione, ma che al tempo stesso ricerca la grammatica e gli archetipi della cucina italiana.
Da dove nasce il nome del ristorante?
Innanzitutto per la gran quantità di luce che penetra dalle vetrate. Di questi spazi si è occupato l’architetto Monica Melotti, che lavora dando molta importanza alla luminosità degli ambienti. Anche la cucina, protagonista dello spazio, è racchiusa in un cubo di vetro rivestito da decori, com ricami, che danno vita ad un gioco di volumi. Inoltre Lume è una parola facilmente pronunciabile anche in inglese, questo è un aspetto che, rivolgendoci ad una clientela internazionale, non potevamo trascurare.
Hai lavorato da Trussardi alla Scala e a Palazzo Parigi, due luoghi di Milano che più centrali non si può. Con che spirito affronti questa location lontana dal centro città?
Qui si respira più intimità rispetto a location più centrali o di maggior passaggio. Il centro mette a disposizione enormi vantaggi e al contempo priva di tanto altro: capita di avere spesso a che fare con una clientela non particolarmente interessata a ciò che stai facendo come chef ma che è di passaggio e decide di godere tutta la comodità della posizione. Chi viene qui, viene per noi. Questa è quindi per me una sfida nuova che mi riempie di entusiasmo.
Come descriveresti il cliente tipo di Lume?
È una persona attenta a come si fanno le cose, chi arriva da noi non è soltanto in grado di apprezzare il buon cibo, viene per conoscerci o per ritrovarci, fa un’esperienza con noi attraverso i piatti e la cantina.
Parliamo della cucina. Cosa si può mangiare al Lume?
I menù della cena sono tre: uno alla carta che varia a ogni stagione e due di degustazione. Di questi ultimi, uno più classico, legato alla tradizione milanese, è di 7 portate; l’altro, decisamente più sperimentale, di 12.
Ho scelto di rimanere fedele al mio percorso di cuoco, creando continuità rispetto alle evoluzioni e al lavoro svolto fin qui, proponendo classici signature dishes come l’Ossobuco alla Taglienti, il Bianco e nero di seppia, il Musetto di vitello allo spumante. Per i piatti nuovi il principio rimane lo stesso dei precedenti, ponendo al centro la naturalezza in ogni sua declinazione: la naturalezza degli ingredienti, quella del gesto, quella del pensiero. Tra le novità della carta i Ravioli di magro con ragù all’italiana e anche dei fuori menù sempre differenti. La carta dei vini spazia dalle grandi etichette ai piccoli produttori, basandosi su una ricerca legata ai territori.
È prevista l’apertura per pranzo?
Sì, in zona ci sono aziende storiche e un numero sempre crescente di start-up. Inoltre, come dicevo, i clienti affezionati tornano a trovarci in più occasioni.
Che valore ha per te il servizio in sala? Che caratteristiche deve avere un professionista per lavorare al Lume?
Il servizio è fondamentale ed è sempre più difficile trovare personale di alto profilo. Mi piace vedere in chi lavora con me grande professionalità ma senza forzature, sono certo che questo aspetto venga recepito anche dal cliente seduto a tavola. Inoltre bisogna avere umanità e passione, per non offrire un servizio standard ma su misura.
Dopo aver lavorato in cucine così importati, cosa ti ha portato a dire sì a MB America?
Questo per me è senza dubbio un salto di qualità. Se prima gestivo ciò che mi veniva affidato, qui ho contribuito alla creazione di un brand. Gli spazi, i colori, gli arredi…su molte cose mi sono confrontato costantemente con l’architetto Melotti ed altre figure chiave di MB America. È stato un progetto costruito insieme.
Ristorante Lume
Via G. Watt 37,
20143 Milano
02 80888624
Sito Web: Ristorante Lume