Dove sei nato?
A Bollate in provincia di Milano, ma di sangue, e cresciuto, come un pugliese al 100%.
In che città vivi adesso?
Buenos Aires, Argentina.
Quando hai capito che volevi fare della cucina il tuo mestiere?
Ho fatto la Scuola Alberghiera Carlo Porta di Milano dopo le medie. All’inizio ero un ragazzino più interessato al rock che alla cucina, era una scuola scelta per avere subito un’occupazione e uno stipendio, ma avevo una certa predisposizione. Ho capito che volevo veramente diventare cuoco a 16 anni, quando ho cucinato 4 fagiani (cacciati da mio cugino) in 4 modi diversi.
Chi sono stati i tuoi primi maestri, quelli che ricordi?
Georges Cogny dell´Antica Osteria del Teatro a Piacenza, con cui ho lavorato tre anni che mi ha insegnato l’organizzazione e la gerarchia della cucina. Con George ho potuto fare esperienza in tutte le postazioni, dai dolci, ai piatti freddi, poi finalmente alle paste dove ero diventato espertissimo a fare i famosi Turtei cu la cua, i tortelli con la coda con ripieni originali. Prima di George Claudio Sadler, allora giovane maestro alla scuola alberghiera, mi ha trasmesso tante nozioni fondamentali e mi ha dato l’opportunità di entrare nelle grandi cucine.
In che città hai lavorato?
Piacenza, Los Angeles, Miami, New York City, Chicago, Dubai, Singapore, Stoccarda, e nelle principali capitali dell'America Latina. Ovunque ho avuto come obiettivo quello di trasmettere la cucina italiana e le tradizioni ad essa legate.
I personaggi più famosi per cui hai cucinato?
Sono stato lo chef personale di Gianni Versace a Miami e New York per 6 anni e quindi ho cucinato per moltissimi suoi amici famosi e invitati come per esempio Madonna, Elton John, Sting. In altre occasioni ho avuto il piacere di vedere assaggiati i miei piatti da De Niro, Al Pacino, David Bowie, Paul Newman, Liz Taylor, Sean Penn, Ligabue, Maná, Mickey Rourke, Naomi Campbell, Kate Moss, Cholo Simeone, Batistuta, Javier Zanetti. Però ci sono una paio di VIP più importanti di tutti: le mie due figlie.
Perché hai scelto l’Argentina per la tua attività?
Dopo 15 anni intensi in Nord America feci un viaggio di piacere in Argentina (il paese con il maggior numero di emigranti italiani nel mondo) e per le causalità della vita, mi sono sentito di nuovo come se fossi in Italia. Qui ho conosciuto quella che oggi è mia moglie, sono nate le mie figlie e qui continuo la mia carriera.
Che cosa sono per te gli USA?
Una parte di me sarà sempre legata agli USA. A parte il glamour e la parte fashion che ho avuto la fortuna di poter vivere, quello che sono adesso lo devo alla cultura americana. Appena i miei impegni me lo consentono ci torno, e vedo quali sono le tendenze e che stimoli posso trarne per le mie attività qui a Buenos Aires.
Vi ho trascorso una buona parte della mia vita e da lì ho ricavato una formazione professionale non solo tecnica, ma anche economica. Negli USA ho capito quanto sia importante anche il lato imprenditoriale e gestionale del mio mestiere.
Quanti programmi di televisione hai condotto e qual è l’ultimo?
Ho in attivo più di 600 registrazioni con i canali: Gourmet.com, Fox Life, Canal 13, Telefe Argentina. Master Chef e Masterchef Junior sono gli ultimi successi. In Argentina ho iniziato quasi per caso, con un programma di cucina che non era legato alla cucina italiana, sono io che ho proposto alla produzione un programma che insegnasse la nostra cultura gastronomica, che facesse conoscere quello che per noi è normale, l’Artusi, Nino Bergese, i prodotti tipici. Il successo è stato immediato.
Qual è stata la prima esperienza televisiva e come è cominciata?
Il mio debutto televisivo è stato in Italia nel 1984, RAI, programma "Che fai, mangi?" con Carla Urban. Ë cominciata per scherzo, facendo da assistente al mio chef Georges Cogny che non riusciva a dire mezza parola dal vivo. Io mi sono buttato a raccontare la ricetta per lui per non farlo arrossire ancora di più. Questa disinvoltura davanti alle telecamere l’ho poi ritrovata in Argentina quando mi hanno proposto il primo programma.
La cucina in televisione è solo spettacolo o insegna anche qualche cosa?
Partiamo dal presupposto che non è facile cucinare facendo spettacolo in televisione. Specialmente se vuoi insegnare qualcosa. Devi sapere fare tutto e bene. Per alcuni anni abbiamo avuto la fortuna di poter gestire la regia: un tempo le trasmissioni televisive avevano tempi e rese di regia tali da poter far diventare un programma una vera e propria scuola di cucina. Oggi la televisione attuale non può avere quel ritmo, quel livello di approfondimento per cui si fa più spettacolo che altro, anche se cerchiamo sempre di far trapelare contenuti formativi.
Quanti libri hai scritto e quale vorresti scrivere?
Ho scritto sei libri, due di questi “Fatto in Casa” e “Donato per Bambini” hanno addirittura vinto il miglior premio nella loro categoria nel Gourmand World Cookbook Award. Nel libro "Cucina Paradiso" ho scritto una specie di diario in cui racconto della mia famiglia, tradizioni e gli aneddoti più divertenti che mi sono capitati, sempre legati a ricette o ingredienti. Ho in cantiere altri 2 libri su dolci e pizza che integrano una trilogia iniziata con un volume dedicato alla pasta “Pura Pasta” con più di 100 ricette.
Tutte e lo chef Borghese avete una fabbrica /negozio di pasta. Perché scegliere proprio la pasta per far un’attività?
Perché SONO italiano!
Il programma Kitchen Sound di Alessandro è cucina a suon di musica, Donato ha come manifesto del suo ristorante le parole di Alba Chiara di Vasco Rossi. Che ruolo ha la musica nella tua vite e nella tua professione?
La cucina è musica! La brigata di cucina è un'orchestra! La musica è un altro veicolo non solo per ascoltare ma anche per far capire la cultura gastronomica italiana. All’ingresso del mio ristorante su una lavagna sono scritte le parole di Alba Chiara di Vasco Rossi e in sala la musica italiana dagli anni ’30 ad oggi è sempre presente, e in questo modo tutta l’esperienza sensoriale dei miei clienti è italiana, profumi, sapori, musica.
Come definiresti la tua cucina?
Un mix di sapori ancestrali, ricordi e tradizioni che collegano Paesi lontani e tecnologia.
Quanto è importante la cucina italiana nella tua proposta gastronomica?
Tanto come il sangue che mi scorre nelle vene. Ogni volta che torno in Italia cerco quello che ho lasciato e vado alla scoperta di nuovi profumi, sapori che sono il quotidiano per chi li ha davanti tutti i giorni e sbalorditivi per chi li scopre.
Il tuo piatto preferito e quello che ti piace cucinare.
Pasta e fagioli è il mio preferito, adoro fare interpretazioni personalizzate di piatti tipici come per esempio una sfogliatella ripiena di una crema di cime di rape e ricotta…
L’ingrediente a cui non rinunceresti mai.
L´olio di oliva extra vergine.
Fai tantissime cose: ristorazione, catering, formazione e consulenze, televisione, libri. Come fai a fare tutto?
Tutto questo non è niente… Non esiste un paragone con l´essere padre. E a parte, di nuovo, sono italiano: hai letto attentamente il primo articolo della costituzione della repubblica italiana?
Si dice che dietro a un grande uomo c’è una grande donna. È vero anche per te?
Aspetta che glielo chiedo e ti rispondo (sorriso sornione)
Chef De Santis, verresti a Milano per un po’? Cosa vorresti fare in questa città?
Certamente! E dato che nel mio Paese di residenza sono un rappresentante della gastronomia Italiana, mi piacerebbe presentare un vero asado argentino in piazza Duomo, per esempio. E ovviamente invito chef Borghese da me e saranno scintille di creatività, tradizione e gusto!
A questo punto mi auguro solo che ci possa essere un interscambio professionale a ritmo di rock!