Di origini milanesi, lo chef è un fascinoso cinquantenne che ha realizzato il suo sogno giovanile di diventare di lavorare nella ristorazione. In passato è stato imprenditore e broker nell’import-export di fiori fra Olanda e Italia, ma, nei momenti rubati al lavoro, la passione per il cibo lo ha portato a fare gavetta nelle cucine dei migliori ristoranti. Nel 2002 decide di rimanere a Cape Town e di aprire il suo primo locale, il “95 Keerom”: da quel momento realizza una brillante carriera gastronomica, grazie anche ad un’ottima capacità di gestione imprenditoriale, anche se, umilmente, lui dichiara che il suo segreto del suo successo è la passione che ha messo nei suoi ristoranti e la sua costate presenza con i clienti.
Nava ha aperto cinque locali, con 180 dipendenti, e da anni il suo “Carne SA” detiene il titolo di miglior ristorante di carne di Cape Town, mentre il “95 Keerom” è stato nominato come il miglior ristorante di cucina italiana, da poco dopo ha aperto anche il “Caffè Milano”, dedicato alle colazioni e pranzi veloci, e il “Mozzarella Bar.
Attentissimo alle materie prime, per offrire un’ottima carne gestisce anche una fattoria in cui alleva bovini di razza romagnola, che sono cresciuto liberi e senza mangimi.
Come Certified Master Chef of Italian Cuisine, non cede all’immaginario sudafricano della cucina italiana o a fantasiose reinterpretazioni. In tutti i suoi ristoranti le ricette tradizionali italiane sono rispettate religiosamente: bandite le paste scotte o le incursioni dell’ananas nella pizza. La sua è la cucina che potrebbe riconoscere sua madre, fortemente concentrata su materie prime locali di grande qualità e sugli ingredienti essenziali della cucina italiana, come il parmigiano o l’autentico aceto balsamico, che arrivano direttamente dall’Italia.
Bisogna tenere presente che, per gli chef italiani all’estero, la scelta di importare i prodotti alimentari italiani è spesso più dettata dalla passione e che dal risultato economico: in molti casi questi ingredienti risultano essere carissimi a causa del cambio sfavorevole della valuta locale con l’euro. È un costo aggiuntivo che non sempre riescono a scaricare sul prezzo finale dei loro menù, perché in quel caso non sarebbero competitivi con l’offerta del mercato locale e sebbene il palato dei clienti non sia così sofisticato da saper apprezzare tutte le sfumature della nostra cucina, alla fine i commensali apprezzano la differenza tra la cucina italiana improvvisata e quella rigorosa del rispetto delle sue peculiarità, e la dimostrazione è che i locali di Nava sono sempre prenotati.
Nel 2013 Giorgio Nava ha vinto il Pasta World Championship organizzato da Academia Barilla con un piatto di una geniale semplicità: i cavatelli pugliesi con vellutata di broccoli e fiori d’origano, una ricetta economica ma saporita, che considerava il momento economico non eccezionalmente brillante dell’Italia.
Potete farvi un’idea dell’attività di Giorgio Nava e dei suoi menù visitando i siti dei suoi ristoranti: 95keerom e Carne SA.
Adesso gli cediamo la parola con l’intervista di Maurizio Pelli.
Qual è il tuo concetto di cucina italiana autentica all'estero?
Evitare le fettuccine Alfredo, le chicken salad, usare ingredienti di qualità e non modificare i piatti per il palato locale.
Qual è la differenza tra i prodotti italiani importati e quelli prodotti da te in loco?
Produco soltanto della buona carne di manzo, ovini, selvaggina e qualche derivato (bresaola..etc). Il resto lo importo dal´Italia e ricevo dell’ottima qualità. Le copie prodotte in loco non valgono nulla e ne sto alla larga.
Secondo te è possibile migliorare alcuni prodotti italiani all'estero?
Certo, solo se chi li produce è educato, appassionato e non pensa solo a guadagnarci.
Cosa è cambiato nel panorama della nostra cucina autentica in questi ultimi anni da quando l' 'Italian Cuisine World Summit' è sempre più presente tra tutti gli chef italiani collegati al GVCI (Gruppo Virtuale Cuochi Italiani)?
Siamo passati dalle pizzerie e trattorie con tovaglie a quadretti a dei veri ristoranti fine dining, cambiando la percezione che era sempre francese della buona cucina. Il “Summit' sicuramente aiuta a educare.
Come reagisci alle improprie richieste dei clienti?
Dico di no a ciò che non è originale o è troppo pasticciato.
Educare e far conoscere la nostra vera cucina ai clienti stranieri sarebbe utile oppure è solo tempo perso?
È utilissimo! Non è tempo perso, sarebbe bello se lo facessimo tutti.
Ormai hai raggiunto l'apice della della carriera come chef, patron e restaurant business. Cosa vorresti realizzare ancora?
Credo di avere ancora tanto da imparare, da fare e dare. L’apice lo vedo ancora lontano, ogni giorno è uno stimolo a fare meglio.
Che peso hanno le tue origini milanesi nella cucina che proponi all'estero?
Non hanno un’enorme peso, ho sempre viaggiato e ho potuto lavorare con cuochi provenienti un po’ da tutte le regioni italiane. Sono curioso e, anche se amo il riso e il burro, adoro la pasta e l’olio di oliva, il mio menu parte con la tartare di carne e finisce con il tortino al cioccolato.
Come cuoco italiano all’estero sono molto orgoglioso del mio paese, ne sono ambasciatore, e mi sento sempre in dovere di ricordare ai miei clienti che oltre alla buona cucina l’ Italia è famosa per l´arte, il design, la moda e non solo per lo spaghetto, il mandolino e la mafia.
È stato un piacere conoscerti, ci rivedremo presto spero al prossimo 'Italian Cuisine World Summit', con tutti i tuoi colleghi chef del GVCI.